Posted by Società Italiana Brevetti on 10 febbraio 2015

Caso RTI – Yahoo! Italia: perché la corte d’appello ha ribaltato la sentenza di I grado

DIRITTO D’AUTORE E INTERNET

Secondo la Corte d’Appello di Milano, un hosting provider non è responsabile dei contenuti lesivi del diritto d’autore caricati dagli utenti, nemmeno nel caso in cui i contenuti vengano indicizzati e organizzati, ed è tenuto a rimuovere contenuti illeciti solo in base a richieste che li identificano con precisione.

La Corte d’Appello di Milano si è pronunciata sulla disputa fra Yahoo! Italia e Reti Televisive Italiane S.p.A. (la R.T.I.), riformando la sentenza con la quale il Tribunale di Milano aveva stabilito che il portale Yahoo! Italia era responsabile per il caricamento sul proprio portale di filmati in violazione di diritti d’autore.

La disputa verte sull’applicabilità delle norme della Direttiva UE 2000/31, recepite a livello nazionale dal D. Lgs. 70/03, riguardanti la limitazione di responsabilità del hosting provider che agisce da semplice intermediario per la trasmissione di informazioni. Tali norme derogano alla responsabilità del provider nel caso in cui la sua attività sia passiva, cioè di ordine meramente tecnico e automatico, e limitata al processo tecnico di attivare e fornire accesso a una rete su cui vengano trasmessi o memorizzati dati messi a disposizione da terzi.

Fatti all’origine della causa

La R.T.I. aveva diffidato la Yahoo! Italia chiedendo la rimozione dal portale (oggi non più esistente) di un elenco di filmati sui quali deteneva diritti esclusivi. La Yahoo! Italia non aveva ottemperato alla diffida, e la R.T.I. si era rivolta al Tribunale di Milano.

La sentenza di primo grado

Il tribunale aveva ritenuto che sebbene i filmati in questione fossero stati caricati sul portale dagli utenti, la Yahoo! Italia li avesse gestiti, organizzati e indicizzati assumendo un ruolo attivo per collegare i contenuti fra loro e sfruttarli commercialmente.

Il tribunale aveva quindi considerato attivo il ruolo svolto dalla Yahoo! Italia, escludendo l’applicabilità delle norme sulla limitazione di responsabilità del semplice provider passivo di hosting e condannando la Yahoo! Italia.

La sentenza di appello

Nella sentenza n. 29 del 7 gennaio 2015 la Corte d’Appello di Milano ritiene che il tribunale di primo grado abbia errato nel considerare il ruolo svolto dalla Yahoo! Italia, nei fatti oggetto della controversia, quello di un hosting provider di tipo attivo.

Secondo la corte, la mera presenza di sofisticate tecniche di intercettazione del contenuto dei file caricati, di varie modalità di gestione del sito e di un interesse del gestore a conseguire vantaggi economici dal sito stesso non sono infatti sufficienti a mutare la natura del servizio della Yahoo! Italia da hosting provider passivo a hosting provider attivo.

A tal riguardo a corte effettua un’analisi della normativa e della giurisprudenza comunitarie, rilevando come diverse sentenze della Corte di Giustizia UE, compresa quella nel procedimento C-324/09 L’Oreal – eBay, abbiano ritenuto applicabile il regime di esonero dalla responsabilità a hosting provider con caratteristiche ancora più avanzate di quelle del portale Yahoo! Italia.

La sentenza sottolinea inoltre due punti importanti: a) che è obbligo del hosting provider rimuovere i contenuti illeciti presenti nel sito, o impedirvi l’accesso, appena ricevuta notizia della loro presenza sul sito stesso; b) che l’hosting provider non ha obblighi di sorveglianza.

Pertanto la Yahoo! Italia non era tenuta ad agire in base a una diffida che elencava genericamente i contenuti illeciti da rimuovere, senza indicare specificamente gli URL dei file da rimuovere. L’onere di indentificare con precisione tali contenuti, data la natura pubblica del portale su cui si trovavano, ricadeva sulla R.T.I.

Secondo la corte, in base alla normativa e alla giurisprudenza comunitarie non è ragionevole pretendere, come aveva fatto il tribunale di primo grado, che il gestore di una piattaforma tecnologica funzionante con procedure automatizzate ricerchi ed estrapoli i contenuti genericamente indicati in una diffida.

Peraltro la corte riconosce che in corso di causa la Yahoo! Italia ha agito prontamente una volta ottenuta dalla R.T.I. dati idonei a rintracciare con esattezza i file da rimuovere.

La sentenza è comunque ancora appellabile, e secondo notizie di stampa la R.T.I. avrebbe già espresso l’intenzione di ricorrere in Cassazione.

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