Posted by Laura Ercoli on 3 gennaio 2023

Violazione di marchio e responsabilità della piattaforma e-commerce, cambio di rotta con la sentenza Louboutin-Amazon?

La Corte di Giustizia UE ha stabilito, con la sentenza nel caso Louboutin-Amazon, che il gestore di una piattaforma per l’e-commerce può essere ritenuto responsabile della violazione di un marchio se le sue attività di comunicazione, stoccaggio e consegna dei prodotti in violazione del marchio, offerti in vendita da terzi sulla piattaforma, inducono gli utenti a ritenere che tali prodotti siano venduti direttamente dal gestore stesso; si tratta di un cambio di rotta rispetto alle precedenti pronunce della corte in materia di contraffazione di marchio e responsabilità della piattaforma per l’e-commerce?

 

Contraffazione marchio e-commerce Louboutin Amazon

Marchio dell’Unione Europea registrato con il numero 8845539.

Christian Louboutin, noto designer francese di scarpe e borse di lusso, ha registrato come marchio la suola rossa che caratterizza molti suoi modelli di calzature; una delle registrazioni ottenute dal designer è quella per un marchio dell’Unione Europea (vedi immagine).

Nel 2019 C. Louboutin aveva iniziato due procedimenti legali, rispettivamente dinanzi a tribunali nazionali in Belgio e in Lussemburgo, lamentando l’utilizzo non autorizzato del marchio in questione da parte di Amazon sulla propria piattaforma per l’e-commerce. Secondo C. Louboutin, Amazon aveva esercitato un ruolo attivo nel pubblicizzare prodotti in violazione del suo marchio, raggruppando messaggi pubblicitari provenienti sia da Amazon stessa che da venditori terzi presenti sulla piattaforma, e veicolando tali annunci come parte della propria comunicazione commerciale. L’attività di Amazon non poteva dunque, secondo C. Louboutin, essere considerata quella di un semplice intermediario.

In entrambi i procedimenti C. Louboutin aveva dunque chiesto che i tribunali vietassero ad Amazon di utilizzare il marchio in questione e ordinassero il pagamento dei danni conseguenti a tale uso.

Entrambi i tribunali nazionali avevano sospeso i procedimenti e posto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) alcune questioni pregiudiziali, volte in sostanza a chiarire se l’articolo 9, paragrafo 2 lettera a) del Regolamento UE 2017/1001, qui sotto riportato:

Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio UE, il titolare del marchio UE ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio, in relazione a prodotti o servizi, qualsiasi segno quando:

a) il segno è identico al marchio UE ed è usato in relazione a prodotti e servizi identici ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio UE è stato registrato;

fosse applicabile alla modalità di impiego del marchio di proprietà di C. Louboutin da parte di Amazon nella propria comunicazione come sopra descritto, considerando che, per il suo peculiare modello di vendita, da una parte, Amazon pubblica in modo uniforme sia le proprie offerte sia offerte di terzi senza distinguerle nella loro visualizzazione in ragione della rispettiva origine e, dall’altra, essa offre ai venditori terzi servizi complementari di stoccaggio e spedizione dei prodotti pubblicati sulla sua piattaforma, informando i potenziali acquirenti del fatto che si farà carico di tali servizi.

I giudici nazionali avevano chiesto inoltre se, nel valutare l’applicabilità della norma sopra citata, fosse eventualmente da prendere in considerazione anche la percezione degli utenti della piattaforma.

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

I due procedimenti C-148/21 e C-184/21, tramite i quali i tribunali del Belgio e del Lussemburgo avevano sottoposto le loro domande pregiudiziali alla CGUE, sono stati riuniti in un’unica causa.

Il 22 dicembre 2022 la CGUE ha dunque emesso un’unica sentenza che risponde alle domande in modo sostanzialmente affermativo: secondo la corte, l’uso di un marchio da parte del gestore di una piattaforma per l’e-commerce può essere vietato dal titolare del marchio in base alla norma sopra riportata, a condizione che le attività del gestore della piattaforma inducano l’utente della piattaforma stessa, normalmente informato e ragionevolmente attento, a stabilire un legame fra i servizi del gestore e il marchio in questione. Tale circostanza, secondo la CGUE, si verifica in particolare quando l’utente ha l’impressione che sia il gestore stesso della piattaforma a commercializzare per proprio conto i prodotti recanti il marchio.

La sentenza sottolinea che nella valutazione della probabilità che l’utente stabilisca un legame fra i servizi del gestore della piattaforma per l’e-commerce e il marchio in violazione dei diritti altrui – nello specifico potendo dunque avere l’impressione che sia il gestore in questione a commercializzare esso stesso, a proprio nome e per proprio conto, i prodotti recanti il marchio in questione – è particolarmente rilevante che il gestore:

  • ricorra a una modalità uniforme di presentazione agli utenti delle offerte pubblicate sul suo sito, visualizzando contemporaneamente le proprie inserzioni e quelle dei venditori terzi
  • faccia apparire il proprio logo sull’insieme degli annunci
  • offra ai venditori terzi servizi di stoccaggio e spedizione dei prodotti.

Considerazioni

Alcune precedenti pronunce della CGUE avevano negato che la presenza su una piattaforma e-commerce di prodotti recanti marchi contraffatti costituisse “uso del marchio” da parte del gestore della piattaforma stessa in violazione dei diritti altrui di proprietà intellettuale: in sostanza, la corte aveva ritenuto che il semplice atto di fornire gli strumenti tecnici necessari per l’uso di un marchio non implicasse che il prestatore del servizio ne stesse facendo uso ai fini dell’applicazione dell’articolo 9 del Regolamento UE 2017/1001.

Nella decisione Louboutin-Amazon, la CGUE spiega che la differenza fra questo caso e i precedenti risiede, da un lato, nelle iniziative prese direttamente da Amazon per comunicare all’utente della piattaforma la disponibilità di prodotti recanti il marchio di C. Louboutin, senza differenziare gli annunci riguardanti prodotti venduti direttamente da Amazon da quelli riguardanti prodotti di venditori terzi e presentando tutti gli annunci come provenienti da Amazon; ma la differenza risiede anche, dall’altro lato, nello svolgimento da parte di Amazon di servizi di stoccaggio e consegna al cliente finale di tali prodotti.

La decisione è oggetto di discussione fra gli esperti di tutela dei marchi perché, fra l’altro, può apparire in contraddizione con i precedenti della stessa corte. Tuttavia la sentenza stessa precisa che nel caso Louboutin-Amazon le questioni pregiudiziali poste dai tribunali nazionali chiedevano espressamente di valutare alcuni aspetti che la corte non aveva avuto occasione di prendere in considerazione nei casi precedenti.

In linea di principio si tratta di una sentenza che tende a rafforzare il rispetto dei diritti dei titolari di marchio anche sulle piattaforme online; nella pratica, è utile ricordare tuttavia che la sentenza della CGUE si limita a rispondere alle domande sull’interpretazione delle norme europee poste dai tribunali nazionali, ai quali spetterà ora la decisione finale nel merito delle due cause all’origine del procedimento.

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