Posted by Laura Ercoli on 29 gennaio 2018

Durata CCP: se non è non allineata con la sentenza Seattle Genetics si può chiedere il ricalcolo

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che il proprietario di un certificato complementare di protezione in corso di validità può chiedere all’autorità nazionale competente di rettificare la durata del CCP secondo i criteri stabiliti dalla sentenza Seattle Genetics, anche se il CCP è stato rilasciato prima della data di tale sentenza.

Il 20 dicembre 2017 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha emesso la propria sentenza nel caso Incyte Corporation (causa C-492/16), che contiene ottime notizie per i titolari di certificati complementari di protezione (CCP) nell’Unione Europea.Durata CCP

Fatti all’origine della causa

Nel 2013 la Incyte Corporation (la Incyte), una società farmaceutica con sede negli Stati Uniti, presentò  presso l’Ufficio nazionale per la proprietà intellettuale ungherese (l’ufficio) una richiesta di un CCP ai sensi del Regolamento 496/2009 UE sui certificati di protezione complementari. La richiesta si basava sulla data di concessione dell’autorizzazione all’immissione in commercio (AI) per il medicinale valida in tutta l’Unione Europea. L’ufficio rilasciò il CCP il 7 ottobre 2014.

Un anno dopo, il 6 ottobre 2015, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea emetteva sentenza nel caso Seattle Genetics (causa C-471/14), chiarendo che la durata di un CCP deve decorrere a partire dalla data di notifica al richiedente della decisione di rilasciare la AI, non dalla data di rilascio della AI stessa.

Normalmente la notifica avviene qualche giorno dopo il rilascio.

Incyte aveva presentato all’ufficio una richiesta per ottenere la rettifica della durata del CCP in base alla sentenza Seattle Genetics.

L’ufficio aveva rigettato la richiesta con la motivazione che la decisione di concessione del CCP non conteneva errori di calcolo o di scrittura.

La disputa conseguente era giunta dinanzi all’Alta Corte di Budapest, che si era rivolta alla CGUE essenzialmente al fine di stabilire se la sentenza Seattle Genetics della stessa CGUE fosse applicabile retroattivamente, e se gli uffici nazionali dovessero rettificare d’ufficio la durata dei CCP che non sono in linea con tale sentenza.

La sentenza

La sentenza Seattle Genetics è retroattiva

La CGUE ha stabilito che in base ad una giurisprudenza consolidata l’interpretazione di una norma dell’Unione Europea da parte della stessa CGUE chiarisce il significato e l’ambito di applicazione di quella norma come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata a partire dalla data della sua entrata in vigore.

Ne consegue che la norma così interpretata può e deve essere applicata dai giudici anche ai rapporti giuridici sorti prima della sentenza recante l’interpretazione richiesta.

Quindi la data corretta che avrebbe dovuto essere dichiarata nella richiesta di CCP presentata dalla Incyte, e che avrebbe dovuto essere utilizzata dall’ufficio per calcolare la durata del CCP, è la data di notifica, e non la data di emissione, della AI.

La CGUE ha dunque stabilito che la sentenza Seattle Genetics è, in tal senso, retroattiva.

I titolari possono richiedere agli uffici nazionali la rettifica della durata del CCP

La CGUE ha deciso di non prendere in considerazione la domanda volta ad accertare se gli uffici nazionali debbano rettificare d’ufficio la durata dei CCP che non rispettano la sentenza Seattle Genetics, con la motivazione che nel caso di specie la Incyte aveva già presentato la richiesta di rettifica.

La CGUE ha ritenuto che l’art. 18 del Regolamento UE 469/2009 deve essere interpretato nel senso che laddove la data della prima AI nell’Unione Europea dichiarata nella domanda di CCP è errata, e di conseguenza la durata di quel CCP è parimenti errata, il titolare del CCP può presentare una richiesta di rettifica direttamente all’autorità che ha rilasciato il CCP – a condizione che il CCP non sia scaduto.

L’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi – come la maggior parte degli uffici brevetti e marchi degli altri stati membri dell’Unione Europea – non ha ancora reagito alla sentenza della CGUE ma dovrebbe farlo fra breve: a presto per ulteriori aggiornamenti.

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