Posted by Laura Ercoli on 10 maggio 2021

Il marchio Gallo Nero del Chianti vince dinanzi al Tribunale dell’Unione europea – P. Veronesi

Il Tribunale dell’Unione europea ha dato ragione al Consorzio del Chianti Classico che si era avvalso dei diritti sul marchio Gallo Nero per opporsi alla registrazione di un marchio contenente la figura di un gallo per “bevande alcoliche (escluse le birre)” nella classe 33; l’autore Paolo Veronesi commenta la sentenza e aggiunge delle interessanti osservazioni sul rapporto fra marchi collettivi da un lato e indicazioni geografiche o denominazioni di origine dall’altro.

 

marchio Gallo Nero Chianti

Il marchio collettivo Gallo Nero del Consorzio Vino Chianti Classico

Il 14 aprile 2021 il Tribunale dell’Unione europea (Tribunale UE nel seguito) ha emesso sentenza nella causa T-201/20 riguardante il conflitto tra il marchio collettivo italiano Gallo Nero del Consorzio Vino Chianti Classico e il marchio della società Berebene S.r.l., oggetto di domanda di registrazione presso l’organismo che gestisce i marchi dell’Unione europea, ovvero l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO).

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea

Una volta provata la rinomanza del marchio collettivo del Consorzio Vino Chianti Classico innanzi all’EUIPO, il Tribunale UE si è soffermato sull’accertamento della presenza dei requisiti per l’applicazione dell’art. 8, paragrafo 5, del Regolamento sul Marchio dell’Unione europea n. 1001/2017 (nel seguito RMUE), che come noto riguarda la tutela del marchio di rinomanza.

marchio Berebene

Il marchio richiesto dalla società Berebene.

 

In realtà la sentenza del Tribunale UE nel caso T-201/20 non è particolarmente innovativa in tema di applicazione dell’art. 8, paragrafo 5, RMUE.

Nella decisione viene ribadito che, mentre la protezione prevista dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE è subordinata alla constatazione di un grado di somiglianza tra i marchi in questione tale da creare un rischio di confusione tra di essi presso il pubblico di riferimento, un simile grado di somiglianza non è richiesto ai fini della tutela prevista dall’articolo 8, paragrafo 5, RMUE. Di conseguenza, le violazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, RMUE, possono derivare da un grado inferiore di somiglianza tra i marchi in questione, purché sia sufficiente per indurre il pubblico di riferimento a creare un’associazione tra i marchi, ossia a stabilire un nesso tra di essi.

Una lettura superficiale della sentenza del Tribunale UE può invece generare qualche dubbio sui paragrafi (cfr. da 52 a 57) relativi al confronto fra i prodotti rivendicati dai marchi in conflitto.  Da una parte il Tribunale UE si sofferma correttamente su uno dei principali argomenti della ricorrente Berebene S.r.l., vale a dire il fatto che il marchio collettivo “Gallo Nero” del Consorzio riguarderebbe solo vini rossi, mentre il marchio contestato verrebbe apposto solo su vini bianchi del tipo Vermentino di Gallura. Dall’altra parte, le osservazioni del Tribunale UE sulla mancata limitazione di Berebene S.r.l. a “vini bianchi” invece del generico “Bevande alcoliche (escluse le birre)”, effettivamente rivendicati dalla ricorrente nella classe 33 e sulla mancata prova che la rinomanza del Gallo Nero del Consorzio è limitata a vini rossi, potrebbero indurre qualcuno a ritenere “a contrario” che la conclusione poteva essere differente se Berebene avesse impostato diversamente sia la domanda di registrazione sia la propria difesa nell’opposizione.

Ciò non corrisponde al vero. Se teniamo conto che uno dei fattori pertinenti nel valutare l’esistenza di un nesso fra i marchi ex art. 8, paragrafo 5, RMUE è il grado di prossimità o di dissomiglianza dei prodotti o servizi, i prodotti o servizi dovrebbero essere talmente dissimili al punto da rendere improbabile che il marchio posteriore possa essere mentalmente associato al marchio anteriore da parte del pubblico di riferimento.  E’ evidente che, pur nel caso in cui Berebene avesse rivendicato “vini bianchi” per il suo marchio e avesse dimostrato che il Gallo Nero del Chianti Classico si riferisce solo a vini rossi (il che è assolutamente vero), vini bianchi e vini rossi non possono essere ritenuti dissimili in modo tale da evitare il formarsi di un nesso da parte del pubblico.

Il marchio Gallo Nero e il rapporto fra marchi collettivi e IGP o DOP

Infine, qualche osservazione interessante può scaturire dal rapporto fra marchi collettivi e indicazioni geografiche o denominazioni di origine.

Poteva essere diverso l’esito finale se Berebene avesse limitato la sua domanda di registrazione a “vino prodotto in conformità al disciplinare della DOCG Vermentino di Gallura” o addirittura se avesse depositato lo stesso marchio opposto con l’aggiunta della scritta VERMENTINO DI GALLURA DOCG ?

Riteniamo che l’esito sarebbe stato identico.  La rinomanza del marchio collettivo del Consorzio Vino Chianti Classico è data dalla diffusione e riconoscimento nel mercato della figura del gallo nero.  E’ vero che il marchio collettivo in questione include anche il nome della relativa DOCG, ossia CHIANTI CLASSICO, ma il conflitto in esame verteva sull’esistenza di un nesso fra i due galli, che costituiscono il “cuore” dei rispettivi marchi.

Il marchio collettivo “Gallo Nero”, pur riproducendo al suo interno il nome della DOCG, ha una sua intrinseca distintività, in quanto la figura del gallo nero non ha alcun collegamento con il prodotto vino.

Nel panorama dei marchi collettivi italiani nel settore vitivinicolo ed alimentare, il caso del marchio collettivo “Gallo Nero” del Consorzio Vino Chianti Classico è esemplare per l’affermazione di una componente distintiva forte all’interno del segno distintivo.  Dal 2005 il gallo nero è associato in via esclusiva alla DOCG CHIANTI CLASSICO, il cui disciplinare di produzione all’art. 7 recita “La denominazione di origine controllata e garantita “Chianti Classico” è contraddistinta in via esclusiva ed obbligatoria dal marchio “Gallo Nero” nella forma grafica e letterale allegata al presente disciplinare (Allegato n. 2) in abbinamento inscindibile con la denominazione Chianti Classico”.  La raffigurazione del gallo nero deve quindi essere presente su tutte le bottiglie di vino Chianti Classico DOCG.

Si tratta di un caso in cui la rinomanza della figura del gallo nero è tale da essere associata in modo indissolubile alla relativa DOP.  Pur continuando ad esistere sul piano formale, il marchio collettivo “Gallo Nero” cessa di essere sul piano sostanziale un marchio del Consorzio per diventare un contrassegno della DOP.

Il problema si pone invece per i marchi collettivi che sono costituiti esclusivamente da Indicazioni Geografiche, ossia dai nomi delle DOP o IGP, in assenza di ulteriori e diversi elementi distintivi quali ad esempio un gallo nero.

La recente prassi dell’EUIPO in materia di opposizioni o azioni di cancellazione è piuttosto rigida: si ritiene infatti che i marchi collettivi costituiti esclusivamente da DOP o IGP abbiano una distintività minima e che sia problematica la prova dell’uso degli stessi e conseguentemente della loro rinomanza, in quanto l’uso riguarderebbe solo le DOP o IGP e non i relativi marchi collettivi.

Come evidenziato dalla decisione di rinvio alla Commissione Ricorsi allargata dell’EUIPO nel caso R0400/2018-2 RECIOJITO / RECIOTO DI SOAVE et al., “La questione della prova dell’uso di un marchio collettivo che coincide con una denominazione di origine (DOP) per vini è particolarmente delicata, e il suo esame è suscettibile di sollevare altre questioni giuridiche relative all’ambito di protezione e alle specifiche funzioni di tali distinte categorie di diritti. Da un lato, pare contraddittorio ammettere la registrazione di un marchio collettivo identico a una DOP, e successivamente negarne l’azionabilità perché usato in funzione di DOP e non in funzione di marchio. Dall’altro, essendo necessario conformarsi alla recente giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, occorre verificare se (e come) un marchio collettivo identico a una DOP è suscettibile di essere utilizzato conformemente alla sua funzione essenziale, che è quella di distinguere i prodotti dei membri dell’associazione che ne è titolare da quelli di altre imprese, al fine di creare o di conservare uno sbocco per detti prodotti (12/12/2019, C-143/19P, EIN KREIS MIT ZWEI PFEILEN (fig.), EU:C:2019:1076, § 57). Più in particolare, occorre verificare se tale marchio consente al consumatore di comprendere che i prodotti in questione provengono da società che sono affiliate all’associazione, titolare del marchio, e di distinguere così tali prodotti da quelli provenienti da società che non lo sono (12/12/2019, C-143/19P, EIN KREIS MIT ZWEI PFEILEN (fig.), EU:C:2019:1076, § 58)”.

In attesa di conoscere l’esito del caso R0400/2018-2 RECIOJITO / RECIOTO DI SOAVE et al., suggeriamo cautela nell’adozione di nuovi marchi collettivi identici a Indicazioni Geografiche, pur restando la via preferenziale per la tutela di DOP e IGP all’estero soprattutto nei paesi nei quali non vi è una legislazione “sui generis” di protezione nel settore agroalimentare.

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